Costa d'Avorio, democrazia cercasi

7 gennaio 2011 ·

“Il sequestro e l’assassinio degli avversari politici costituiscono terribili violazioni dei diritti umani, le quali possono e devono essere punite”.  Queste le parole di Rona Peligal, direttore per l’Africa dell’organizzazione non governativa Human Rights Watch, in merito alle vicende delle ultime settimane in Costa d’Avorio.
Negli ultimi giorni dell’anno appena conclusosi, come affermato dalla stessa ONG tramite il suo sito web, forze di sicurezza vicine al presidente uscente ivoriano Laurent Gbagbo, in carica dal 2000, hanno sequestrato e fatto sparire i sostenitori del leader dell’opposizione Alassane Ouattara. 


Il diretto avversario di Gbagbo è considerato dalla pressoché intera comunità internazionale il nuovo legittimo presidente ivoriano, avendo largamente vinto le elezioni tenutesi lo scorso 28 novembre. 

In data 2 dicembre il capo della Commissione elettorale indipendente Youssouf Bakayoko aveva confermato la vittoria, poi decretata dal Consiglio Costituzionale del Paese, di Ouattara al ballottaggio con 54, 1 punti percentuali contro i 45,9 del presidente uscente, il quale, rifiutando di conoscere la vittoria dell’avversario, ha rovesciato i risultati delle urne portando se stesso al 51%, deciso a non cedere il testimone di governo.

Il presidente ivoriano uscente Laurent Gbagbo
Pronta la sanzione dell’Unione Africana alla Costa d'Avorio, estromessa da qualsiasi attivita targata UA fintanto che il potere non sarà passato effettivamente al presidente democraticamente eletto. Altrettanto dura la risposta dell’Unione Europea, la quale ha previsto delle misure restrittive nei confronti di Laurent Gbagbo e di alcuni membri della sua famiglia, come il blocco dei visti e il congelamento dei beni.

Che il clima all’interno del Paese si fosse fatto incandescente lo dimostrano gli episodi di guerriglia urbana verificatisi lo scorso 16 dicembre ad Abdjan con un bilancio di 9 morti e altrettanti feriti, secondo Amnesty International. In quell-occasione centinaia di sostenitori di Alassane Ouattara, in piazza per rivendicare la vittoria elettorale, si sono scontrati duramente con le forze dell’ordine, fedeli al presidente uscente.

Intanto l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che non riconosce la “vittoria” del presidente Gbagbo e anzi si è schierata apertamente con Ouattara, ha predisposto il prolungamento di 6 mesi del mandato della missione ONU in Costa d-Avorio (UNOCI), creata nel 2004 per consentire di applicare gli accordi di pace a seguito della guerra civile del settembre 2002.

Guillaume Soro, premier del governo legittimo di Ouattara, invoca già da diversi giorni l’uso della forza da parte della comunità internazionale contro il governo uscente Gbagbo, vista l’inefficacia, a sua detta, di sanzoni e pressioni in atto ormai da inizio dicembre. “Dopo tutta la pressione internazionale e le sanzioni che non hanno prodotto alcun effetto su Gbagbo, è evidente che resta un'unica soluzione, quella della forza”. 

Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha inoltre chiesto agli stati membri di fornire aiuti alla missione dei Caschi Blu per facilitare la gestione di una situazione già di per sé difficile.
Sempre secondo l’ONU Tra il 16 ed il 21 dicembre ci sarebbero stati nel Paese 90 casi di tortura, 471 arresti, 24 scomparse. Le forze fedeli al presidente uscente hanno anche negli ultimi giorni posto sotto assedio il Quartier generale di Ouattara, alimentando ulteriormente le tensioni nel Paese dopo i vari attacchi ai convogli ONU avvenuti precedentemente per indurre l’UNOCI a lasciare il Paese.

Intanto sono oltre 19.000 le persone in fuga principalmente verso la Liberia, secondo l-Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR) tra cui figurano in prevalenza donne e bambini, oltre che sostenitori sia di Ouattara, sia di Gbagbo.

E’ notizia del 4 gennaio scorso la decisione del presidente uscente ivoriano di accettare di negoziare per arrivare ad una soluzione pacifica della crisi politica in cui versa il Paese, impegnandosi anche a togliere le forze a lui fedeli dai pressi del Quartier Generale di Ouattara ad Abidjan, un importante centro dello stato.

Il presidente democraticamente eletto Alassane Ouattara ha tuttavia respinto l’offerta di dialogo pacifico di Gbabgo, invitando con forza il rivale a lasciare il potere nel rispetto del risultato delle urne.
La situazione configuratasi nelle ultime ore vede dunque il presidente uscente, sordo a qualsiasi richiamo al riconoscimento della sconfitta elettorale, intenzionato a sfruttare a proprio vantaggio il “braccio di ferro” con le forze di Ouattara che lui stesso ha contribuito a creare, forte dell’appoggio di una parte importante della popolazione ivoriana e, elemento da non trascurare, delle forze di polizia.
D’altro canto la prospettiva di un’apertura di negoziati volti a sbloccare la situazione, da un paio di giorni in fase di stallo, l’intervento militare, che era stato annunciato nei giorni scorsi dal CEDEAO, composto da mediatori dell’Unione Africana e della Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale, in caso Gbagbo non si fosse fatto da parte, perderebbe credito, rimanendo comunque una semplice possibilità.

Forze dell'ordine ivoriane, fedeli a Gbagbo.


Per aggiornamenti in tempo reale: The Guardian

M.S.


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