Haiti, l’ONU e il “colera-keeping”

24 novembre 2010 ·


A pochi giorni dalle elezioni legislative e presidenziali che si terranno il prossimo 28 Novembre, Haiti richiama ancora su di sé l’attenzione dei media internazionali in rifermento all’epidemia di colera che, diffusasi nel Paese poco dopo la recente alluvione, da più di un mese sta letteralmente mettendo in ginocchio sei delle dieci province dell’isola nel cuore dei Caraibi.

Josette Bijou, Gerard Blot, Garaudy Laguerre e Wilson Jeudy, alcuni dei candidati alle prossime elezioni hanno dichiarato:
"Chiediamo alle autorità di rinviare la data del voto e di pubblicare un piano di lotta all’epidemia di colera che minaccia la vita dell’intera popolazione haitiana”. 
Attraverso una commissione d’inchiesta indipendente si potrebbe arrivare, a loro avviso, a individuare le cause dell’epidemia, che ha già provocato circa 1.400 vittime nell’isola, oltre che a stabilire le responsabilità in merito. 
Diversi particolari portano infatti a pensare che la “Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione di Haïti” (denominata Minustah) abbia delle responsabilità tutt’altro che irrilevanti per quanto riguarda la diffusione del malanno nel Paese.

Nei giorni scorsi il presidente haitiano Rene Preval aveva fatto appello alla cittadinanza affinchè venissero osservate elementari norme di educazione all’igiene, ancora scarsa nell’Haiti post-sisma. Tuttavia le precarie condizioni igienico-sanitarie del territorio non possono giustificare un’epidemia di colera esplosa nell’isola caraibica a Ottobre, guarda caso una settimana dopo l’arrivo dei “caschi blu” nepalesi. Nepal dove,  per altro, l’epidemia aveva iniziato a far parlare di sé già sette giorni prima. Da una ricerca di AP risulta che le Nazioni Unite fossero a conoscenza delle cattive condizioni sanitarie interne alla base nepalese, affermando tuttavia la non responsabilità da parte dei loro soldati.



Nella giornata di lunedì in alcuni centri hatiani, tra cui la capitale Port-au-Prince, migliaia di manifestanti hanno dato vita a dure proteste invocando, talvolta attraverso il lancio di pietre o attacchi incendiari contro stazioni di polizia e copertoni, la partenza dall’isola dei soldati Minustah. Almeno due persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante gli scontri.  Il comando militare Minustah ha ammesso di avere aperto il fuoco su due uomini, poi morti, ma ha precisato di averlo fatto solo per legittima difesa.  
Il primo cittadino di Cap-Haitien, in viaggio in Francia, ha chiesto che “coloro che hanno massacrato il popolo siano identificati e puniti”. “I soldati sono lì per creare la pace, non per  uccidere”.

Per contro, Minustah aveva denunciato in una nota pubblicata Lunedì scorso “motivazioni politiche” dietro gli incidenti, con lo scopo di “creare un clima di insicurezza” alla vigilia del voto.
Sono circa 14.600 i ricoverati in strutture ospedaliere dopo il disastro causato dalle forti piogge, abbattutesi sul territorio haitiano, già devastato dal terremoto del 12 Gennaio scorso. La zona del Paese più colpita dall’epidemia di colera resta comunque quella facente capo alla provincia centrale di Artibonite, dove si contano quasi 600 vittime, circa due terzi del totale, come riferisce il sito web del Ministero della Sanità Pubblica e della Popolazione haitiano.


Non solo: è del 16 ottobre scorso la notizia che l’epidemia ha colpito perfino la vicina Repubblica Dominicana.

Dal loro arrivo ad Haiti, nel 2004, anno in cui fu destituito con un colpo di stato il presidente democraticamente eletto Aristide, le forze ONU sono considerate dalla popolazione haitiana come “un’armata d’occupazione”. Questo può aiutare, in aggiunta, a comprendere maggiormente le sollevazioni di massa degli ultimi giorni e il malessere della popolazione nei confronti dei “caschi blu” delle Nazioni Unite anche alla luce della situazione drammatica che da tempo il Paese si trova a dover fronteggiare.



M.S.

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