London calling. L’università britannica risucchiata da politiche di tagli e austerità. Gli studenti non ci stanno.

7 dicembre 2010 ·

Se nelle ultime settimane gli studenti italiani sono letteralmente saliti in cattedra, dando vita a mobilitazioni in tantissime città contro il disegno di legge in materia di scuola e università, noto come “riforma Gelmini”, ampiamente documentate dai media nostrani, non si può certo dire che quelli inglesi si siano rivelati da meno.


Londra, 10 novembre.
 Da qui inizia tutto: circa 50 mila studenti britannici nella giornata di mercoledì 10 novembre 2010 si sono riversati nelle strade della capitale britannica per mostrare il proprio dissenso nei confronti delle politiche di austerità adottate dal governo presieduto dal liberalconservatore David William Donald Cameron, in carica da poco meno di un anno, tra cui spiccano la proposta di aumento delle rette universitarie da 3 a 9 mila sterline annue e la sottrazione di 3 miliardi di sterline al sistema accademico nazionale. Sono in 52 mila, secondo la National Union of Students (NUS), a marciare nel centro di Londra per evidenziare la contrarietà di chi quotidianamente vive il mondo accademico rispetto alle politiche di tagli dei finanziamenti al mondo della formazione universitaria.
La protesta si dimostra da subito accesa, mantenendosi tuttavia pacifica nelle modalità di svolgimento. La situazione, tuttavia, sfugge al controllo quando duecento manifestanti, provenienti da un’ ala del corteo, occupano la Millbank Tower, sede londinese dei vertici del Partito Conservatore, devastandone la vetrata e ingaggiando una rissa con gli agenti polizia presenti, accusati a posteriori di non essere stati in grado di prevenire le violenze.

Intanto dal tetto dell’edificio compare una bandiera col simbolo del movimento anarchico mentre a terra volano oggetti di vario genere: bastoni, uova e bottiglie le “armi” più gettonate. Sempre dall’alto piovono alcuni bengala e un estintore che colpiscono 14 persone tra agenti e manifestanti, portati in ospedale. “This is just the beginning” recitano gli studenti, promettendo dura battaglia.
Una cinquantina di persone sono state poste in stato di fermo dopo gli incidenti e rilasciate su cauzione. “ Non è accettabile. E’ imbarazzante per Londra e per noi”. Commenta così il mancato anticipo delle violenze da parte delle forze dell’ordine Paul Stephenson, commissario della polizia londinese.

Video delle proteste: http://gu.com/p/2y2ny

All’indomani della giornata di contestazione e scontri, il premier David Cameron da Seoul, dove è impegnato per il summit G20, condanna pesantemente i responsabili dell’assalto al quartier generale Tory e fa sapere di non avere intenzione di fare alcun passo indietro in merito alla decisione di aumentare le rette universitarie da 3 a 9 mila sterline annue.
Anche la National Union of Students prende le distanze dagli episodi di violenza avvenuti il giorno prima: “ Avevamo discusso della necessità di adottare un comportamento responsabile alla manifestazione. Sfortunatamente una parte degli studenti è andata nella direzione opposta”, dichiara amareggiato il presidente NUS Aaron Porter.
Durante una visita a Beijing in Cina, il presidente Cameron aveva sottolineato come una delle  principali ragioni alla base della proposta di aumento delle tasse universitarie agli studenti inglesi fosse l'intento di alleggerire i costi di laurea di quelli stranieri. Senza dubbio benzina sul fuoco per gli accesissimi animi degli studenti britannici.


Atto secondo: re-wave!
La seconda ondata di proteste si riporta in data 24 novembre, giornata in cui più di 25 mila studenti hanno sfilato in corteo in diverse città britanniche per ribadire in modo netto che la questione relativa ai tagli al mondo della formazione apportati dal governo è tutt’altro che chiusa. Numerosi studenti dei “college”, in segno di solidarietà nei confronti dei colleghi universitari, si sono dati appuntamento tramite il social network Facebook fuori dai cancelli dei rispettivi istituti alle 11 del mattino per prendere parte alla protesta. Londra, Leeds, Liverpool, Manchester i principali centri interessati, così come molte altre città del Regno Unito.

Nella capitale circa un migliaio di studenti, rappresentanti di una minima parte dei partecipanti all’evento, si sono riuniti davanti al Birkbeck College, parte dell’Università di Londra. La protesta, non coordinata questa volta dai sindacati, prevedeva l’avvicinamento dei vari cortei a Trafalgar Square e la contestazione sotto i quartieri generali dei “traditori” liberaldemocratici, i quali avevano promesso durante la campagna elettorale il loro voto contrario all’innalzamento delle rette universitarie, salvo poi smentire le proprie parole coi fatti. Proprio la piazza dedicata alla celebre battaglia del 1805 sarà teatro di duri scontri tra studenti e forze di polizia, impiegate in larga misura in quest’occasione.
Occupazioni sono state realizzate presso la Royal Holloway e la London South Bank di Londra e presso le università di Plymouth, Birmingham e la “University of the West of England” di Bristol, mentre iniziative di vario genere hanno interessato Oxford, Cambridge, Edinburgh, Sheffield, Cardiff, Southampton, Newcastle e Winchester. A Londra un gruppo di studenti ha letteralmente preso d’assalto un furgone della polizia posto nei pressi del Parlamento, cercando di ribaltarlo e rompendone il parabrezza. Le forze dell’ordine hanno fatto sapere di avere arrestato 35 persone, di cui 9 legati al danneggiamento del furgone.

Alcuni leaders del movimento studentesco britannico hanno definito “assolutamente scandalosa” la risposta degli agenti di polizia alle proteste in data 24 novembre. Simon Hardy, portavoce della “National Campaign Against Fees and Cuts”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters UK: “Che noi fossimo bloccati per cinque o sei ore, senza che ci fosse permesso di andarcene, intimiditi e maltrattati da centinaia di agenti di polizia, mentre stavamo solo esercitando il nostro democratico diritto di protestare, lo ritengo un vero scandalo”.
Immediata la replica della Metropolitan Police: “Abbiamo una serie di comportamenti a disposizione, di cui uno è il contenimento, da utilizzare laddove sia appropriato e giustificato”.
Il video, il cui link è riportato di seguito, mostra le cariche effettuate dalla polizia inglese a cavallo nei confronti di un cordone di studenti. Il giorno dopo il fatto il comando della Metropolitan Police ha fatto sapere che la strategia delle forze dell’ordine “non implicava la carica della folla”.


Il vice-premier britannico Nick Clegg aveva chiesto agli studenti di riconsiderare la propria posizione e di ascoltare le proposte del governo prima di scendere in piazza. Evidentemente inascoltato, dobbiamo dedurre.

30 novembre
Migliaia di studenti inglesi, non curanti del clima rigido, nella giornata di martedì 30 novembre hanno dato vita a Londra e in molti altri centri britannici a quella che si è configurata come la terza ondata di proteste nel giro di un mese. Gli organizzatori hanno dovuto tuttavia registrare un calo di partecipazione rispetto alle due precedenti giornate di mobilitazione. A Edinburgh gli studenti hanno organizzato una protesta pacifica attraverso il lancio di palle di neve contro l’ Holyrood Palace, residenza ufficiale scozzese della Regina Elisabetta II. Una trentina di studenti a Oxford, invece, hanno occupato il County Council Building, dopo avere marciato in corteo per tutta la città. A  Leeds, Sheffield, Edinburgh, Liverpool, Belfast, Brighton, Manchester e Bristol, come accaduto in occasione del 24 novembre, gli studenti dei “college” si sono uniti agli universitari nella protesta. Il bilancio comprende 8 facoltà occupate in tutto il Regno Unito e 153 manifestanti arrestati dalle forze dell’ordine durante gli scontri, immancabili anche in questa terza giornata di proteste. Nel frattempo, il governo di Cardiff  ha affermato che gli studenti gallesi non pagheranno per i propri studi oltre 3.290 sterline all’anno. Dichiarazione che suona come una conferma di quanto affermato dal presidente Cameron qualche giorno prima da Bejing.

Ma gli studenti non hanno intenzione di fermarsi. Infatti la National Union of Students ha invitato tutti a mobilitarsi nuovamente l’8 dicembre prossimo, giorno del voto alla camera dei Commons del famigerato piano di innalzamento delle tasse universitarie. Non rassicurano certo gli studenti le parole Vince Cable, ministro del governo Cameron per l’università, il quale ha anticipato la sua decisione di astenersi dal voto del piano.
Inoltre, fa sapere NUS, in caso di voto favorevole dei Commons, è in programma una veglia in occasione di cui accendere 9.000 candele, quante sono le sterline che verrebbero chieste annualmente agli studenti inglesi per i propri studi.
“Non finisce qui, caro Cameron – sembrano volere dire gli studenti – anzi, comincia adesso!”

Aggiornamenti in tempo reale sulla vicenda: 


BBC


GUARDIAN
                                                                              
                                                                     
M.S

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