Tra Copenaghen e Durban: “in medio stat Cancun”

13 dicembre 2010 ·


Rilanciati nella città messicana i negoziati sul clima dopo il deludente Cop15 con un pacchetto bilanciato. Ora si guarda con grandi aspettative a Durban 2011.


Si è conclusa sabato 11 dicembre con l’approvazione del cosiddetto “Pacchetto bilanciato” la 16esima conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tenutasi a Cancun, in Messico, alla quale hanno preso parte i rappresentanti di 194 paesi membri della “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” (UNFCCC) del 1992, riuniti presso il Moon Palace dal 29 novembre scorso.
Un summit, quello svoltosi nella città messicana, che portava con sé grandi aspettative dopo il fallimento del vertice di Copenaghen del 2009. Proprio il tavolo di trattative costruito nel capoluogo danese circa un anno fa aveva prodotto un accordo tra Stati Uniti, Brasile, Cina, India e Sud Africa, di cui gli altri paesi avevano preso atto essere, niente più di una “lettera d’intenti” verso una diminuzione del riscaldamento globale e la stipula di un trattato internazionale sul clima, come aveva commentato Yvo De Boer, segretario della Commissione ONU sui cambiamenti climatici.

Il “pacchetto” consta di due documenti, il primo dei quali prevede la creazione di un “fondo verde”, non ancora quantificato, finalizzato a mettere in atto misure per la salvaguardia delle foreste tropicali e all’aiuto dei paesi in via di sviluppo, ai quali sarà in questo modo permesso di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Entro il 2020 saranno mobilitati dai paesi sviluppati  circa 100 miliardi di dollari all’anno, in aggiunta alla messa a disposizione di 30 miliardi di dollari da utilizzarsi durante il periodo 2010-2012.
Inoltre la gestione del fondo, posto inizialmente sotto l’egida della banca Mondiale, sarà in mano ad un comitato composto da 40 membri, di cui 25 dei paesi i via di sviluppo e 15 di quelli industrializzati.


Il secondo documento prodotto dai negoziati si occupa del Protocollo di Kyoto, unico testo in materia di clima giuridicamente vincolante a livello internazionale, evidenziando in particolare la necessità di ridurre il riscaldamento globale, bloccandolo al di sotto dei 2°C. Gli stati riunitisi a Cancun hanno così deciso di prorogare fino al 2011 i negoziati per un nuovo protocollo, che dovrà coinvolgere anche altri paesi come Stati Uniti e Cina, tra i maggiori produttori di gas serra, e che dovrà portare a decisioni concrete in materia entro la scadenza di quello attuale, fissata per il 2012.

L’unico voto contrario al testo del “pacchetto” viene dalla Bolivia che, attraverso il suo rappresentante Pablo Solon, parla di “attentato” in riferimento all’approvazione dell’accordo.  “Una vittoria falsa e vuota, imposta senza consenso, il cui costo verrà misurato in vite umane” continua Solon, secondo cui il testo riguardante il “dopo-Kyoto” non conterrebbe le misure necessarie a mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi. E ancora: “ E’ una vittoria dei paesi ricchi, imposta a colpi di minacce sui paesi poveri”, come riportato dall’agenzia di stampa ASCA.
Pronta la risposta di Patricia Espinosa, presidente Cop16 e ministro degli esteri messicano: ” La regola del consenso non significa unanimità, né che una delegazione possa pretendere di imporre il proprio diritto di  veto sul prodotto di così tanto lavoro”.
“Ci sarà probabilmente una nota a piè di pagina, dove si dirà che la Bolivia ha contestato”, sintetizza infine Jake Schmidt, portavoce dell’ONG americana “Natural Resources Defense Council”, liquidando di fatto la questione.

Da un lato, si parla di un passo avanti nei negoziati internazionali sul cambiamento climatico dopo il “flop” di Copenaghen, essendo riusciti questa volta ad arrivare ad un accordo condiviso da pressoché tutti gli stati presenti. Tuttavia non sono stati fatti i concreti passi avanti auspicati riguardo il “futuro” del Protocollo di Kyoto, rimandando di fatto le negoziazioni su questo tema al 2011, lasciando così sostanzialmente irrisolto il problema centrale delle emissioni di gas serra.

Diversi attivisti di Greenpeace hanno messo in atto un simbolico blitz di protesta nei giorni di svolgimento della conferenza collocando una serie di statue ad altezza naturale sott’acqua per richiamare l’attenzione sulle popolazioni costiere, le quali rischiano di venire sommerse a causa dell’innalzamento dei mari provocato dallo scioglimento dei ghiacciai per il riscaldamento globale.


“L’accordo di Cancun inaugura una nuova era per la cooperazione internazionale sul cambiamento climatico”, ha affermato con entusiasmo Patricia Espinosa. Nella stessa direzione le parole provenienti dai rappresentanti dell’Unione Europea e dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, secondo cui la conferenza ha rappresentato un successo e un passo in avanti di tutti gli Stati nell’affrontare le questioni legate al riscaldamento globale.

 “Restano meno di 48 ore ai partecipanti alla conferenza per scrivere la storia e dare sicurezza all’avvenire dei nostri figli”, aveva dichiarato nella giornata di giovedì il direttore mediatico di Greenpeace Kumi Naidoo. Allo stesso tempo il direttore di Oxfam, Barbara Stocking aveva affermato: “L’atmosfera è più costruttiva rispetto a Copenaghen nel 2009, molti paesi sono determinati a rimettere in carreggiata i negoziati” sottendendo una certa speranza sul positivo esito del vertice.
“Non deludeteci!”  era stato il messaggio indirizzato a ministri e diplomatici impegnati nei negoziati da parte dei dirigenti delle ONG internazionali che si occupano di ambiente, i quali avevano convocato per giovedì una conferenza stampa comune per chiedere ai ministri e ai diplomatici impegnati nei negoziati di rilanciare le ambizioni.
Proprio alla luce di questo, il ruolo “discreto” assunto dalle ONG nei negoziati messicani, a differenza di quanto avvenuto al Cop15 di Copenaghen, accompagnato da ampie manifestazioni promosse da vari nuclei di società civile, ha lasciato perplessi gli osservatori esterni del vertice.

Le Nazioni Unite e il Messico hanno predisposto un apparato di sicurezza, costituito da un numero impressionante di militari e agenti di polizia. Gli stand delle delegazioni di società civile sono state poste a non meno di 7 chilometri dal Moon Palace, per scongiurare disordini durante le manifestazioni all’esterno della sede dei negoziati, puntualmente verificatesi.
Un risultato debole, non esaltante, quello del “pacchetto bilanciato” finale, risultato dei negoziati di Cancun, a detta degli ecologisti e degli attivisti per la giustizia ambientale, in quanto gli stati continueranno ad emettere eguale quantità di CO2 nell’atmosfera rispetto a quanto fatto fino ad ora.
L’accordo sul “pacchetto” rappresenta invece un importante passo avanti e una boccata di ossigeno per i negoziati internazionali sul clima, alla luce degli esiti della Cop15 di Copenaghen, per quasi tutti i rappresentanti degli stati intervenuti al vertice, sebbene essi ammettano che ci sia ancora molta strada da fare a proposito.
Possiamo individuare il maggior successo delle due settimane di negoziati messicani nell’intento da parte degli stati di ridare respiro ai negoziati internazionali sul clima, promuovendo il supporto alle economie in via di sviluppo da parte di quelle avanzate. Tutti verso un comune obiettivo: rispondere alle sfide del riscaldamento globale, le quali necessitano immediati provvedimenti.

Gli stati membri dell’UNFCCC si sono dati appuntamento a Durban, in Sudafrica, dove nel 2011 avrà luogo il seguito di Cancun, dove sarà il momento di “tirare le fila” dopo tante dichiarazioni di intenti.
Il pianeta non attenderà in eterno.


Per approfondire ulteriormente il tema: CC2010.mx
                                                              
                                                                       THE GUARDIAN
M.S.

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